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Brema

Ultimo Aggiornamento: 29/06/2006 15:18
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E per chi inizia la propria partita da Brema.....
A BREMA UNA COSTITUZIONE
CONTRO IL PREPOTERE DEI VESCOVI

di MATTEO F. M. SOMMARUGA


In una sala della Rathaus gotica della libera città anseatica di Brema, il più piccolo e autonomo fra i Laender di cui si compone la Repubblica Federale Tedesca, troneggia l'affresco, realizzato da Bartholomaeus Bruyn nel 1532, raffigurante il Giudizio di Salomone. Il dipinto avrebbe dovuto ricordare ai membri del Senato locale la moderazione che avrebbero dovuto operare nell'amministrazione della giustizia. Lo stesso principio ricordato nella più antica iscrizione tuttora sopravvissuta all'interno dell'edificio, in cui si prega agli amministratori della città di “servire il bene comune, difendere la giustizia, equanimamente verso il ricco e verso il povero, mantenere le buone leggi e rigettare quelle cattive”. Il riconoscimento di un ruolo di tale rilievo esercitato dal diritto cittadino si giustifica risalendo alle origini dell'autonomia di cui Brema è tuttora fiera.
Un'indipendenza conquistata infatti non sui campi di battaglia, come è il caso dei Comuni lombardi della Lega, bensì maturata attraverso una graduale evoluzione delle norme che in età medioevale definivano i limiti e i poteri dell'autorità locale. Non che la storia della città, tuttora uno dei principali porti commerciali del Nord Europa, sia priva di episodi cruenti o di aspre tensioni interne, ma l'affrancamento dal potere ecclesiastico e imperiale avvenne soprattutto per mezzo della codificazione del diritto cittadino. Leggi e decreti che governavano ogni aspetto della vita locale, in origine in netta contrapposizione al potere vescovile, il più strenuo ostacolo alla libertà di Brema, ma non per questo, almeno nelle edizioni più antiche, estranee a un senso religioso della giustizia.


La Rathaus, il Municipio di Brema


“In nomine sancte et individue trinitatis amen. / Omnis sapientia a deo est.” si legge nella formula introduttiva della costituzione del diritto di Brema ratificata nel 1303, ripresa nella versione successiva del 1433. Cui si aggiunge, alcuni capoversi più in basso, un interessante avvertimento morale contro il potere del denaro, di cui si descrive l'effetto corruttore. “Munera nolite concupiscere:divitie si affluant, nolite cor apponere. / Munera excecant oculos sapientium et mutant verba iustorum. / Munera impius accipit, ut pervertat iudicium”. Soprattutto considerata la natura strettamente mercantile della città di Brema. Un capoluogo legato fin dalle sue origini sia al Mare del Nord che al suo entroterra, sorto in una posizione favorevole lungo il corso inferiore del fiume Weser, a contatto con gli altri centri della Bassa Sassonia. La storia della città iniziò ad attrarre l'attenzione degli studiosi solo a partire dalla metà del XVII secolo, ma gli studi più recenti, generalmente focalizzati sull'evoluzione del diritto locale, ma spesso intrecciati con i risultati della ricerca archeologica, hanno permesso di ricostruire con una certa accuratezza la formazione di centro abitato dedito al commercio delle risorse agricole e naturali della regione.
Se i reperti di datazione più remota lasciano supporre l'esistenza di traffici commerciali lungo il Weser già in età classica, scambi cui non era estraneo il mondo romano, il primo riferimento scritto all'esistenza di Brema compare su una pergamena dell'anno 782. La descrizione del sito coincide verosimilmente con l'attuale piazza su cui si affacciano la Rathaus, l'antica Borsa Valori, la Cattedrale e il moderno Palazzo del Senato.

Sulla stessa piazza la statua del Roland, un monumento di età gotica e di gusto naif che ritrae un uomo armato di spada e vestito di abiti borghesi che, impugnando lo scudo con le insegne cittadine, si rivolge minaccioso verso la sede arcivescovile. Emblema del perenne contrasto fra l'autorità ecclesiastica e le libertà cittadine. E' comunque plausibile, sulla base di una missiva fra la corte di Carlo Magno e di Papa Zaccaria, che la località ospitasse già una sede vescovile nell'anno 743. Un documento databile all'838 si riferisce a Brema con il termine di villa pubblica, pergamene di poco posteriori utilizzano la parola civitas. Mezzo secolo più tardi, corre l'anno 888, un bolla dell'imperatore Arnolfo indirizzata all'arcivescovo Rimbert conferma l'esistenza di un importante mercato cittadino.
Il dualismo fra la comunità mercantile e la struttura amministrativa legata alla gerarchia ecclesiastica rimase una caratteristica costante nella fase di sviluppo del borgo in città stato. Dominus civitatis venne infatti riconosciuto, sicuramente a partire dall'860, l'Arcivescovo, nonostante sulla vita politica della comunità anche il conte della vicina Oldenburg fosse in grado di esercitare la propria influenza. Se il riferimento alla prosperità economica del capoluogo costituisce un tema comune a diverse testimonanzie, curioso è invece quanto afferma il cronista Adamo da Brema, il quale parla dell'arcivescovo Adaldags, vissuto durante il regno dei primi tre Ottoni, come colui che “nobis rem publicam restituit”. Brema non si era ancora data una costituzione scritta, né tantomeno si era affrancata dal potere ecclesiastico.

Questo avvenne ufficialmente, e in maniera non del tutto netta, solo nel 1303. Il termine res publica indicava più semplicemente l'autonomia del centro dall'influenza dei feudatari locali. Indipendenza rimarcata dagli editti imperiali che, nel 962, riconoscevano il diritto a erigere una struttura fissa per ospitare il mercato, stabiliva la creazione di una


La piazza del mercato


dogana per le merci che affluivano in città e incaricavano l'arcivescovo della costituzione di una zecca locale. Quest'ultimo rimaneva però l'unica autorità riconosciuta, responsabile della buona amministrazione della città. Dei cui abitanti si citava già la propensione all'attività mercantile. Il personale impiegato dalla sede arcivescovile non era d'altra parte considerato facente parte della comunità locale.
Corrado II, nel 1070, si rivolge ai mercanti attivi lungo il corso del Weser, concedendo loro, due volte all'anno, la possibilità di operare al mercato di Brema senza essere soggetti alla consuete tariffe doganali. Minore riguardo avrà più tardi l'arcivescovo Adalberto , il quale, intorno alla metà del XII secolo, minaccia i mercanti e i cittadini di Brema della loro stessa libertà a meno che non gli venga riconosciuta una somma in denaro. I “negotiatores” stranieri vengono espulsi, senza alcuna cura per i loro diritti. Si tratta del primo scontro aperto fra la comunità laica e il potere religioso. Uno dei numerosi episodi di cui, anche in periodi più recenti, è costellata la storia della città.

E' altrettanto vero che simili circostanze, per quanto frequenti, sono sostanzialmente la conseguenza di una realtà dove i confini fra le sfere di influenza della Cattedrale e del Mercato non sono nettamente definite, e, nel complesso, il ruolo dell'arcivescovato all'interno della storia di Brema non deve essere visto esclusivamente in chiave negativa. Nel 1180 i cittadini, ormai assurti al rango di “cives” nei documenti ufficiali, benché al borgo non fosse stato ancora pienamente riconosciuto lo status di “civitas”, si rivolsero proprio al potere ecclesiastico per difendere le proprie libertà dalle mire di Enrico il Leone, duca di Sassonia e di Baviera.
In quegli stessi anni regnava sul trono di Germania e, a partire dal 1186 anche su quello d'Italia, Federico Barbarossa, al quale si deve un passo decisivo nell'affrancamento di Brema dal potere ecclesiastico. L'autonomia cittadina del centro, per questioni di opportunità politica, venne così garantita da colui che i Comuni della Lega Lombarda considerarono il più acerrimo nemico della propria libertà. In netta opposizione alla giustizia amministrata dall'arcivescovo, il Diploma imperiale edito nel 1186 garantiva ai cittadini di Brema il diritto a essere giudicati da leggi e tribunali propri. La cittadinanza veniva garantita a chiunque, senza distinzione di sesso, abitasse e possedesse una proprietà immobiliare all'interno delle mura del capoluogo, o, acquistando un'abitazione, vi si sarebbe trasferito entro un anno. Il privilegio fu emesso nel “nome di Carlo Magno”. Nell'arco di pochi decenni il prestigio dell'autorità cittadina era tale da consentire la stipula di un trattato con i Conti di Altena, località attualmente inglobata nella Città Stato di Amburgo.

Nello stesso periodo, corre l'anno 1217, l'arcivescovo Gherardo I, ribadendo la concordia stabilita con la popolazione del centro, parla, per la prima volta in un atto ufficiale, di “civitas Bremensis” e di “iura civitatis”. Con il favore del potere religioso, la città diede vita a un archetipo di quello che sarebbe diventato il consiglio comunale. Nel 1225 vennero eletti, fra le famiglie più eminenti dell'aristocrazia mercantile, sette consoli, cui, poco più tardi, se ne aggiunsero altri cinque. Papa Gregorio IX, in una bolla, si riferisce ai “consules et commune Bremenses”, riconoscendo un'autonomia non solo giuridica, ma anche politica alla comunità cittadina. I consoli erano però tenuti a prestare giuramento all'arcivescovo, il quale rimaneva, in ultimo, il “dominus civitatis”.
Il potere incontrastato della curia era però destinato al declino. Non solo la classe mercantile del capoluogo fu in grado di rafforzare la propria posizione con il progressivo sviluppo dei traffici commerciali passanti per Brema, ma nella stessa regione si erano creati solidi presupposti per un significativo mutamento delle istituzioni politiche. Nei vicini centri di Amburgo, Lubecca, Stade e Hildesheim si era ormai costituita una cerchia di giuristi di estrazione laica, in grado di elaborare un autonomo diritto cittadino, sottraendo così l'amministrazione della giustizia alla sfera ecclesiastica. Un passaggio che provocò, soprattutto a Brema, lo scontro aperto fra il clero e la borghesia.

La lenta rivoluzione in corso non poteva però essere fermata e nel 1246 venne definitivamente istituzionalizzato il ruolo dei consoli. Costoro, “sicut fiebat antiquitus”, così come avveniva nell'antichità, sarebbero stati scelti ogni anno, per voto, dall'oligarchia cittadina. L'arcivescovo giunse però a un compromesso con la borghesia locale, ratificato in un editto del 1248, che gli consentiva di mantenere una posizione di privilegio nei


La cattedrale di San Pietro


giudizi che riguardavano l'omicidio o l'aggressione di un cittadino. L'accordo rivela però un potere ecclesiastico ormai incrinato, sicuramente non più in grado di imporre la propria volontà a una classe sociale forte del controllo di importanti rotte commerciali in tutto il mare del Nord.
La definitiva affermazione della libertà comunale avvenne però nel 1303. Sedeva all'epoca sul soglio arcivescovile, Giselbert von Brunkhorst, un prelato olandese non privo di cultura e talvolta aperto alle richieste della borghesia locale. Sicuramente giocò a favore della cittadinanza l'età ormai avanzata e il precario stato di salute del vicario papale, ma Giselbert aveva già mostrato, in un accordo siglato nel 1301, la propensione a scendere a patti con il consiglio cittadino piuttosto che allo scontro diretto. Era evidentemente consapevole che quella fosse l'unica via da seguire perché il prestigio e la dignità della curia non venissero intaccati. Nel contempo, sebbene la città fosse lontana dai centri di formazione culturale che nelle regioni più evolute avevano affermato la propria importanza, si registra un significativo interesse da parte dell'aristocrazia mercantile verso lo studio del diritto.

Proprio in quegli anni si segnala la presenza a Bologna di due giovani cittadini, iscritti alla facoltà di Giurisprudenza, antesignani di una tradizione che si sarebbe consolidata nei secoli successivi, quando, fra i legislatori di Brema, divenne prevalente il ruolo ricoperto da personaggi di formazione accademica. Alla delegazione che, nel dicembre del 1303, approvò l'applicazione dello Stadtrecht, un codice del diritto cittadino che ricoprì anche una funzione costitutiva, i dottori della legge erano però assenti. Vi parteciparono piuttosto i rappresentanti delle famiglie più eminenti, contate, a seconda dei diversi criteri, in un numero fra venti e quaranta.
A costoro e ai loro parenti più stretti, in totale non più di duecento persone su una popolazione complessiva di circa diecimila abitanti, sarebbe spettato il diritto di eleggere quattordici magistrati per l'amministrazione della giustizia e altri sedici consiglieri che avrebbero dovuto sedere nell'assemblea cittadina. Questi ultimi in numero di quattro per ognuno dei quartieri di cui si componeva il centro abitato. La formula con cui venne approvato lo statuto fece sì che fosse evitato alcun affronto all'autorità, ormai quasi del tutto esautorata, dell'arcivescovo e dei signori feudali della Sassonia e della vicina Oldenburg. A riprova che le autorità ecclesiastiche non si opposero, almeno ufficialmente, al cambiamento in atto, ma che, d'altra parte, risultò necessaria la massima cautela per non compromettere i sostanziali vantaggi acquisiti dalla comunità.

Come si è detto, Brema non fu l'unica, fra i principali centri della regione, a ottenere in quel periodo la garanzia della propria libertà. Amburgo aveva approvato il proprio Diritto Cittadino nel 1270 e fu proprio sull'impronta di quest'ultimo, pur con significative differenze, che presero forma le istituzioni giuridiche di Brema. I codici approvati nel 1303, così come le successive edizioni, si preoccuparono principalmente di regolare ogni aspetto che nella vita quotidiana potesse essere oggetto di contenzioso. Le norme prevedevano il comportamento da seguire nelle dispute di natura commerciale, in caso di offesa o di aggressione ai danni di un cittadino. Frutto dell'epoca in cui venne concepito, il testo contemplava anche i reati connessi alla stregoneria e alla pratica delle scienze occulte. La pena per i quali era la morte sul rogo. Più pragmatica era invece la regolamentazione delle attività commerciali, marittime e portuali. A partire dalle date entro le quali la navigazione delle navi da trasporto veniva espressamente sconsigliata, dal giorno di San Martino, l'undici novembre, fino al 22 Febbraio, il giorno di San Pietro.
E' interessante osservare come ai due santi siano tuttora dedicati i principali luoghi di culto della città. Nel periodo appena indicato le imbarcazioni che avessero preso il largo non sarebbero state coperte da alcuna garanzia. Garanzie che invece erano previste, e con particolare cura, espressione di un diritto codificato da una classe dirigente formatasi con l'esperienza del commercio piuttosto che nello studio delle pandette. Responsabili del carico trasportato erano entrambe le parti contraenti la compravendita. Metà della merce doveva essere pagata anticipatamente, l'importo residuo sarebbe stato saldato solo alla consegna.


Il Roland


Era inoltre riconosciuto il ruolo giuridico delle compagnie di assicurazione, nate proprio in quell'epoca per stemperare i duri colpi della sorte cui erano esposte le mercanzie per terra e per mare. Ancor più interessante è la completa autonomia dell'elaborazione del primo codice di Brema dalla tradizione giuridica romana. La quale avrebbe però fatto sentire la propria influenza nell'elaborazione delle edizioni successive, quando i legislatori iniziarono a poter usufruire di una formazione accademica. Come Amburgo aveva direttamente influenzato lo Stadtrecht di Brema, e con esso anche le forme analoghe di diritto autonomo delle città di Stade, Bremervoerde e Buxtehude, il codice della città sul Weser divenne a sua volta un punto di riferimento per altri centri della Bassa Sassonia.
La stessa Oldenburg, sede del più importante feudatario locale, promulgò un testo analogo nel 1345, nel 1371 ne seguì l'esempio Delmenhorst, nel 1396 Harpstedt. Nella seconda metà del XV secolo, quando l'autonomia delle città anseatiche era ormai consolidata, la più lontana Neustadt am Ruebenberge si diede una costituzione sul modello bremense. La centralità di Brema nell'evoluzione della struttura giuridica e politica della Bassa Sassonia era però già evidente nei decenni che precedettero l'affrancamento dal potere ecclesiastico. In una bolla del 12 Marzo 1259, il vescovo Gherardo I, riconosceva alla cittadinanza di Verden una sorta di autonomia cittadina. I suoi abitanti avrebbero potuto rivolgersi, per qualsiasi genere di causa civile o penale, a una corte istituita in loco.

Nel caso dopo una prima e una seconda sentenza il verdetto del giudice non potesse venire applicato o fosse ulteriormente messo in discussione, si sarebbe dovuto ricorrere al tribunale di Brema. All'epoca dell'editto sotto la giurisdizione della curia. Similmente nel 1270 era stata riconosciuta una parziale autonomia alla comunità di Wildeshausen, pur sempre subordinata alla giurisdizione di Brema. Anche Lueneburg, non distante da Amburgo, sviluppò in quegli stessi anni una propria legislazione, autonomamente da Brema e da Amburgo, in grado di influenzare quelle adottate a Celle, Winsen e ad Harburg. Quest'ultimo un fiorente borgo commerciale, oggidì conglomerato nella città di Amburgo, di cui costituisce un quartiere, peraltro appartenente a una fascia semicentrale.
Limitata l'autonomia ecclesiastica, la costituzione e il diritto di Brema furono però soggette, anche negli anni immediatamente successivi alla ratifica del primo Codice, a una rapida evoluzione. Al 1344 risale la nomina del primo borgomastro della città e nel 1398 la carica era attribuita a quattro persone, affiancate da un'assemblea di venti consiglieri, diciotto dei quali scelti, tre per ciascuno, dai sei quartieri in cui era ora suddivisa la città. Una prima radicale riforma ebbe luogo nel 1428. Brema aveva ormai stabilito una solida alleanza all'interno della Lega Anseatica, costituita con gli scali di Amburgo, Lubecca, Danzica e, sebbene solo per un breve periodo, anche Colonia. Le navi che salpavano dalla città raggiungevano i maggiori porti dei paesi scandinavi e l'Inghilterra, verso la quale era divenuto consistente l'afflusso di materie prime dall'entroterra sassone.

Con lo sviluppo dei mercati, la prosperità economica aveva permesso la nascita di nuove fortune e la cittadinanza si trovava ora a fronteggiare i privilegi delle antiche famiglie che da oltre cento anni detenevano il controllo dell'amministrazione pubblica. Lo scontro fra la vecchia e la più recente aristocrazia borghese fu tale che, mentre l'oligarchia al potere si rivolse all'autorità imperiale, i suoi più strenui avversari si appellarono al Papa. Dal


Panorama di Brema


momento che proprio in quegli anni l'unità della Chiesa Cattolica era minata dal Grande Scisma, una delegazione della borghesia emergente di Brema venne inviata al consiglio di Basilea per esporre le proprie lamentele.
In ultimo venne raggiunto un compromesso che, pur rispettando la posizione acquisita dalla stretta cerchia delle famiglie favorite dalla costituzione del 1303, tenne conto delle richieste dei nuovi ricchi. Istanze accolte nello Stadtrecht del 1428, immutato, almeno nelle linee guida, fino alla Rivoluzione Francese. Il ruolo del borgomastro crebbe di importanza, e fu proprio a coloro che ricoprirono questa carica verso la fine del XVI secolo che si dovettero le riforme successive. Fra costoro Heinrich Krefting, eletto dal consiglio il primo dicembre del 1591. Dottore di diritto formatosi, sotto gli influssi luterani e calvinisti, nelle università di Jena, Wittemberg e Heidelberg, diede inizio alla revisione del codice del 1428 secondo criteri più moderni, soprattutto rendendone conformi i punti più oscuri o singolari alla tradizione del diritto romano.

L'opera di Krefting venne proseguita da Johann Almers, anch'egli non privo di una preparazione accademica, il quale dedicò particolare attenzione al diritto testamentario. Le riforme vennero portate a termine da Johann Wachmann il Vecchio, succeduto ad Almer e a Krefting. Nonostante i severi principi dell'etica protestante su cui venne fondato, lo Stadtrecht venne di fatto epurato dagli aspetti più estremi del retaggio medioevale. Soprattutto il ricorso alla pena capitale venne relativamente limitato, al punto che, verso la fine del XVIII secolo, fece particolarmente scalpore l'esecuzione, nella pubblica piazza, di Nicolaus Junge. Colpevole dell'omicidio della vedova del fratello, ferita mortalmente dopo averla derubata. Junge venne decapitato la mattina del 28 settembre del 1787. Secondo quanto prescritto dalla legge, si avviò sul patibolo avvolto da un mantello nero.
La decollazione avvenne per mano del boia, armato di una spada dalla punta smussata, ma affilata di taglio, forgiata nel 1755 appositamente per essere utilizzata in simili occasioni. Dopo la morte dell'ultimo boia della città, avvenuta nel 1822, l'arma venne donata all'archivio statale ed è tuttora conservata nel museo dedicato alla memoria storica del comune. Con la Rivoluzione e l'invasione delle armate napoleoniche, Brema, che nel passato aveva cercato, per quanto possibile, di mantenere una relativa neutralità all'interno delle vicende della storia tedesca, preferendo di gran lunga l'arte della diplomazia alle glorie di Marte, si trovò di nuovo a fronteggiare la necessità di radicali cambiamenti. Le istituzioni cittadine erano di fatto rimaste immutate negli ultimi tre secoli e i principi della rivoluzione vennero facilmente applicati estendendo l'accesso agli organi consultivi.

Più difficile fu mantenere l'indipendenza fintanto che fosse impossibile negare lo stanziamento di una guarnigione francese all'interno delle mura cittadine. Wilhem Ernst Wichelnhausen, un professore del locale ginnasio, venne proclamato Maire, sindaco, della città, di fatto impotente all'ingerenza di Parigi e divenuta capoluogo del neocostituito Dipartimento del Weser. Solo il regime nazista, che annesse forzatamente la città alla Bassa Sassonia, si rivelò altrettanto sprezzante dell'autonomia così gelosamente custodita dagli abitanti di Brema. Nell'ottobre del 1813 la Grande Armeé fu però costretta a ritirarsi, Wichelnhausen dovette dimettersi, tacciato di collaborazionismo e intelligenza con il nemico, e, nel 1814, una delegazione dell'antica aristocrazia borghese si presentò al Congresso di Vienna per rivendicare l'indipendenza della città.
Le richieste vennero accolte, pur dietro il pagamento di una cospicua somma. Furono però mantenute le riforme che, pur imposte con la forza dal regime napoleonico, presentavano sicuramente dei pregi rispetto alle precedenti. A presiedere al travagliato passaggio attraverso gli anni della Restaurazione e i moti popolari del 1848, fu il borgomastro Johann Smidt (sic!), in carica dal 1821 al 1857.

Ancora una volta vennero messi in discussione i privilegi delle famiglie, nel corso delle continue riforme divenute sempre più numerose, cui era riservato l'accesso agli organi legislativi e alle più alte cariche pubbliche. Fra i politici di più accese simpatie liberali si distinse Johannes Roesing. Il suo pensiero venne accolto nella petizione sottoscritta dai cittadini, circa duemilacento firme, durante le giornate di marzo del 1848. Come già avvenuto nel XV secolo, si raggiunse un compromesso accogliendo le richieste dei liberali nella costituzione del 1849, pur non trascurando la posizione fino ad allora goduta dalle famiglie più illustri.
L'autonomia cittadina fu però felicemente conservata, al punto che proprio nel 1849 Brema aprì una rappresentanza diplomatica a Berlino, capitale del Regno di Prussia. Autonomia che venne conservata anche con la nascita dell'Impero, nel 1871, cui aderì nel ruolo di libera città anseatica. Status tuttora riconosciuto dalla Repubblica Federale Tedesca, che accoglie Brema nel proprio seno come il più piccolo, ma non certo l'ultimo, dei 16 Laender di cui si compone. L'unico però dove il Senato, naturalmente eletto secondo le usanze democratiche d'oggidì, svolge nel rispetto della tradizione il ruolo altrove ricoperto dal governo regionale, affiancato da un consiglio comunale con le funzioni proprie di un parlamento.

BIBLIOGRAFIA
• Bremer Geschichte, di Herbert Schwarzwaelder - J. H. Doell Verlag, Brema 1993
• 700 Jahre Bremer Recht, AA. VV. - Staatsarchiv Bremen, Brema 2003
• Bremens deutsche und hanseatische Politik in der ersten Haelfte des 19. Jahrhunderts, di Helmut Festerling – Staatsarchiv Bremen, Brema 1964
• Beitraege zur bremischen Geschichte, di Hartmut Mueller e Adolf E. Hofmeister – Staatsarchiv Bremen, 1998



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